Pen, Pencil and Poison, scritto nel 1888 e pubblicato sulla «Fortnightly Review» nel gennaio 1889, è la seconda opera saggistica di Oscar Wilde dopo The Truth of Masks, un testo di pochi anni precedente, ma sicuramente la prima a consolidare la vena critica dello scrittore irlandese, il quale, non a caso, a partire proprio da questa prova, inaugura un’epoca di grande fecondità compositiva, che confluirà di lì a breve nella realizzazione di altri saggi: The Decay of Lying, The Critic as Artist e The Soul of Man under Socialism.
Pen, Pencil and Poison, definito da Wilde una memoire, riguarda la figura di Thomas Griffiths Wainewright (1794-1852), un personaggio che venne registrato negli annali della storia britannica più per i suoi delitti che per le sue doti artistiche. Wainewright fu pittore, collezionista, recensore di opere letterarie e critico d’arte, coltivò contemporaneamente la profonda delicatezza di un grande esteta e la spietatezza del più crudele criminale, cosicché, per tali simultanee e contrastanti disposizioni, la sua attività creativa passò in secondo piano rispetto a quella di falsario e omicida avvelenatore. Wilde descrisse tutto questo sottolineando quella che per lui sarebbe stata sempre una convinzione condivisa da pochi: «Il fatto che egli (Wainewright) avesse un sincero amore per l’arte e la natura a me pare del tutto palese. Non esiste un’essenziale incongruità tra crimine e cultura. Non possiamo riscrivere l’intera storia con il proposito di gratificare il nostro senso morale con ciò che dovrebbe essere».
Il parallelismo disgraziatamente non casuale tra Wilde e Wainewright nacque già ai tempi in cui l’artista di Dublino diede i primi segnali della sua inclinazione al dandismo: J. E. Courtenay Bodley, amico e compagno a Oxford, mandò per scherzo a Wilde delle teste di merluzzo avvolte nel “London Journal”, e annotò la reazione generata dal suo gesto provocatorio con queste parole, a data 6 dicembre 1875: «Wilde non gradisce che gli si mandino teste di merluzzi e il “London Journal”. Le prime, ha detto, le ha gettate di nascosto nel Cherwell, sentendosi una sorta di Wainewright (l’assassino)».
L’epilogo tragico di questo parallelismo fu che Wilde, come Wainewright, un giorno (22 maggio 1895) si ritrovò seduto al tribunale penale di Londra, l’Old Bailey, nella veste di imputato per rispondere dell’accusa di aver commesso “atti di grande indecenza con varie persone di sesso maschile”. Wilde per la società inglese divenne un criminale, sebbene, rispetto a Wainewright, non si fosse macchiato di alcun delitto. Il carcere, com’è noto, stroncò la carriera e l’esistenza di Wilde, facendo pagare soprattutto la manifestazione di un modello di vita considerato osceno, pericoloso, immorale.
Pen, Pencil and Poison, si può dire, è la prima denuncia di una certa consistenza fatta da Wilde sulla commistione tra i campi di competenza etica ed estetica, commistione che nemmeno oggi ce la fa ad essere sciolta, nonostante molta acqua e molti, troppi processi siano passati sotto il ponte.