L’autobiografia di Frederick Douglass, scritta nel 1845, costituisce la prima e fondamentale descrizione della schiavitù e degli schiavisti narrata da un nero, ed è stata uno dei punti di partenza del movimento abolizionista. Asciutte e vibranti, queste memorie di un grande intellettuale nero si leggono oggi come un testo di freschezza sorprendente. Il protagonista ci appare un "picaro" deciso a non farsi mettere sotto i piedi da nessuno, buoni o cattivi che siano i suoi padroni del momento. La sua abilità di sopravvivenza, che ridicolizza il mondo bianco a cui Douglass rivolge uno sguardo irriverente, genera un moto irresistibile di simpatia che fa di questo prezioso, piccolo libro un classico della letteratura americana. Il volume è introdotto da Alessandro Portelli, uno dei più noti americanisti e studiosi della cultura afroamericana. In appendice il più celebre discorso del leader nero, pronunciato a Rochester (N.Y.) il 5 luglio 1852.

Frederick Douglass, vero nome Frederick Augustus Washington Bailey (Contea di Talbot, 14 febbraio 1818 – Washington D.C., 20 febbraio 1895), è stato un politico, scrittore, editore, oratore, riformatore, abolizionista e sostenitore del diritto di voto per le donne statunitense. Soprannominato Il saggio di Anacostia o Il Leone di Anacostia, Douglass è una delle figure più importanti della storia afroamericana e dell'intera storia degli Stati Uniti. Nel 1872 Douglass fu il primo afroamericano ad essere candidato vicepresidente degli Stati Uniti per il Partito per l'eguaglianza dei diritti, in coppia con Victoria Woodhull, la prima donna ad essere candidata per la presidenza. Fu un fermo sostenitore dell'eguaglianza di tutti gli uomini, neri, donne, nativi americani o immigrati di recente arrivo. Gli piaceva molto dire: «Mi associerei con chiunque per fare la cosa giusta e con nessuno per fare quella sbagliata».